Phiman Water View hostel – atmosfere bohémien nella vera Bangkok

Non è mai stato segnalato sulla Lonely Planet, l’hanno tolto da Hostelworld. Da giorni l’indirizzo www.phimanwaterview.com mi restituisce una pagina bianca e sto perdendo le speranze di vedere di nuovo il sito dal design minimal ed elegante che con le sue foto affascinanti aveva vinto le mie riluttanze convincendomi a prenotare tre notti al Phiman Water View, uno degli ostelli più economici dell’economicissima Bangkok. Le recensioni online sono pessime, lo definiscono una “baracca sul fiume”. Alcune avvertono: “Non giudicate un ostello dalle foto sul sito”. Dunque non sono l’unica che è stata attirata dall’imponente Rama VIII bridge e dai colori spettacolari della vista sul fiume al tramonto.

Vista dal Phiman River View Hostel a Bangkok, Thailandia
Io, però, non mi sentii ingannata: dato il prezzo e le informazioni disponibili, immaginavo che questo alloggio richiedesse un forte spirito di adattamento. Ciononostante, lo ammetto, l’impatto fu duro. La stanchezza di un volo intercontinentale, il tempo uggioso e la cappa di smog che incombeva su Bangkok, mescolata ai forti odori del cibo venduto per le strade, minarono le mie capacità di sopportazione. Nell’attraversare il labirintico intrico di vicoli che portava all’ostello la mia fiducia nel proseguire veniva confermata solo da frecce di carta precariamente appese a un muro. A ogni freccia un sospiro di sollievo. Ma il sorriso che mi spuntò sulle labbra quando finalmente arrivai all’ostello si smorzò subito. La faccia del proprietario mi ispirò poca fiducia. Gli affidai la valigia riluttante, ma non avevo altra scelta perchè era troppo presto per il check in (quale check in? non c’era reception, non c’erano ricevute, solo soldi – pochi, 3.50€ a notte – da dare subito).

Ecco dove mi ero sbagliata. Il sito proponeva l’immagine di una guesthouse in cui gli artisti erano benvenuti e potevano trovare spazio per lavorare e nel leggere ciò io mi ero fatta l’idea di un ambiente rilassato, dove sarebbe stato facile incontrare persone interessanti con cui parlare e, chissà, proseguire il viaggio. Ma il lato bohémien dell’ostello era, diciamo così, estremo. Più che persone che parlano d’arte o di cultura, gli ospiti artisti mi davano l’idea di persone venute a Bangkok per perdersi o far perdere tracce di sé. Non vidi nessuna droga nei tre giorni che passai lì, ma giurerei che ne erano pieni fin sopra ai capelli. A partire da Don, il proprietario, quasi una caricatura dell’artista gay dalla vita dissoluta, se non fosse che secondo me prendeva sul serio il proprio impegno nel creare un’immagine di sé come moderno Wilde asiatico. Io lo vidi e la mia prima associazione d’idee fu “droghe chimiche”. E qualche altra droga, non necessariamente sintetica, doveva avercela in corpo anche la sua amica-ospite tedesca che si entusiasmò alla vista del topo che con assoluta nonchalance aveva attraversato il lettino su cui mi ero sdraiata per godermi il fresco in riva al fiume. Così entusiasta la tedesca che se lo prese in braccio, come fosse un gattino Puccipuccipucci…

La cosa che invece mi piacque da subito fu la mia stanza. Una capanna, in realtà, ma io mi ci affezionai immediatamente. Aveva più carisma, diciamo, di una stanza d’ostello con letti a castello. Esotica era esotica, questo non si discute. Solo letti singoli, o meglio materassi, ognuno chiuso da una propria zanzariera e con un cassetto chiuso da un lucchetto che garantiva un minimo di sicurezza per i bagagli. Il divertimento l’ho trovato altrove, le spiagge, e le sbronze e i bei ragazzi erano lontani da qui più di 13 ore tra autobus e traghetto. Ma i momenti di magia, quegli istanti in cui, per pochi secondi solo, la tua percezione del tempo si ferma e ti senti parte dell’infinito, li ho vissuti al Phiman Water View. Il sito internet non aveva ingannato: la vista notturna sul ponte Rama VIII era davvero mozzafiato.

C’è un altro motivo, oltre all’incanto, per cui sono felice di aver soggiornato qui anzichè in un moderno ostello. Sono certa che se non avessi dormito qui avrei lasciato la Thailandia senza averla mai conosciuta. L’ho capita qui, nei vicoli stretti e sporchi che portavano all’entrata dell’ostello, ai lati dei quali facevano brutta mostra di sé stamberghe minuscole, senza alcuna porta o tenda che nascondesse l’interno agli occhi degli intrusi, abitate da quattro o cinque persone. Case. Erano case: difficile rendersene conto, e più difficile ancora accettarlo. E l’ho capita ascoltando il fiume, vicino di casa e miglior amico del Phiman Water View, e anima di Bangkok, con il suo chiassoso traffico di barche e di gente in movimento di giorno, di notte puntellato di luci non invadenti, quasi banchetti di nozze senza ostentazione. Mai silenzioso, nelle ore più profonde della notte il fiume altera la sua voce aggressiva in un leggero brusio, incessante, che altro non è se non il suo incontenibile desiderio di sussurrarti i segreti di una città povera ma vitale. Un dono speciale, se lo sai ascoltare. E dire che Khaosan Road, e tutt’altre luci e tutt’altre voci, sono solo a dieci minuti a piedi.

Chissà se esiste ancora o è un mondo perduto, o di persa c’è solo l’anima del suo proprietario. Io vi consiglierei di vincere la tentazione del comfort e della pulizia e di provare l’esperienza del Phiman Water View. Non è per tutti, siatene consapevoli, come ho già detto è necessario un forte spirito di adattamento. Ma se pensate di farcela cercate in 123 Samsen soi 5, Samsen rd., Banglamphu, Phranakor l’angolo di Bangkok in cui arte e miseria si mescolano. Se la si sa guardare, la miseria è di una bellezza struggente. È come trovarsi, per la prima volta, faccia a faccia con la vita.

Aggiornamento in data 14/11/2012

Non esiste piu’ alcun sito all’indirizzo Phimanwaterview.com, ma ho trovato un nuovo sito, funzionante, all’indirizzo http://phimanriverview.com/. Quindi e’ vero: il Phiman River View esiste ancora, sebbene si faccia chiamare guesthouse anziche’ ostello. Regalatevi una notte nella vera Bangkok, dormite qui!

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