Volo 9451, numero di conferma XZKPDT

Ovvero: Sentimenti di una expat a 5 anni dall’arrivo

Nel momento in cui questo post viene pubblicato io mi trovo su un aereo che mi porta dall’Italia all’Irlanda. Esattamente cinque anni fa ho fatto lo stesso percorso, con una valigia in più e ben altri pensieri in testa.

Il 12 maggio 2008 è la data dello storico volo con cui ho lasciato per sempre l’Italia e mi sono trasferita in Irlanda. Dublino mi accolse con il sole, un sole che sarebbe durato un mese. L’entusiasmo provato in quei giorni è stato di un’intensità tale da non potersi ripetere nell’arco di una vita. Mi sentivo finalmente LIBERA.

Conferma ryanair -volo per dublino

Mille paure offuscavano la gioia solare di quei primi giorni. Ogni decisione da prendere, anche la più banale, sembrava essere di vita o di morte, come se tutto il mio futuro dipendesse dal primo ostello in cui avevo alloggiato, la prima stanza che avevo preso in affitto, il primo club in cui ero andata a ballare.

Ho una vivida immagine di me sulle panchine dei quays sulle Docklands, in una mano il foglio di carta con gli indirizzi delle stanze in affitto ad Arklow e nell’altra il cellulare, incapace di decidere quale numero chiamare per primo. Domande col tempo me ne sarei fatte molte, e anzi avrei più volte messo in discussione le prime scelte, chiedendomi se fosse stata proprio una di quelle a determinare il corso negativo degli eventi. Se in qualche modo, in quei primi giorni, avessi potuto far qualcosa per rendere la mia vita in Irlanda felice. O almeno, più felice.

La realtà che ho trovato in Irlanda è stata molto diversa da come me l’ero immaginata quando ero ancora in Italia e in quei primi giorni di gioia solare.

Sono arrivata completamente da sola, quando la festa della Celtic Tiger era finita, e ho fatto scelte controcorrente, pagandone tutte le consequenze. La mia vita in Irlanda non è stata quel che hanno sempre pensato, e sospetto pensino ancora, i miei amici di Padova: feste e festini. Il divertimento ha occupato una parte minoritaria del tempo trascorso qui. La realtà quotidiana della mia vita da expat è fatta per lo più di solitudine, con periodi a volte anche di settimane in cui non ho scambiato parola, nè di persona, nè per telefono nè via email, con un amico o un familiare. E fino al settembre 2011 la maggior parte del mio tempo libero è stata spesa in Internet a cercare lavoro, casa o coinquilino.

Cosa provo a cinque anni di distanza? Quali diversi significati ha per me questo stesso volo?

Io sono cambiata, profondamente. Quando sono arrivata qui ero una sognatrice. E ci credevo, ci credevo fortemente nei sogni. Oggi sono, in sintesi, una persona negativa, che non crede più a niente. Eppure, nonostante le paure iniziali, le difficoltà successive e lo sconforto attuale non mi sono MAI, nemmeno per un secondo, pentita di aver lasciato l’Italia. Ho un rimpianto, vero, ed è quello di aver aspettato così tanto a partire. Col tempo l’intuizione di aver scelto il luogo giusto per me si è fatta convinzione. Dublino è la mia dimensione: sufficientemente grande per avere un sacco di cose da fare, ma abbastanza piccola da poter essere girata a piedi. Un giorno sì e un giorno no medito di lasciarla, voglio il viaggio “serio”, quello di mesi o anni, senza itinerario, in cui il massimo di permanenza in un luogo è determinato dalla durata del visto. È una on-going issue per me: mettere radici o andarmene più lontano. I sogni della giovinezza non esistono più, così lontani da non riuscire nemmeno a ricordarmeli, come cancellati da una quantità eccessiva di alcol in un normale sabato sera irlandese. Eppure, sono stati quei sogni che non ricordo più a portarmi qui.

Ecco quindi il significato che ha il volo del 12 maggio 2013. I sentimenti che provo sono diversi, ma il volo di oggi è la riconferma di una scelta. La mia vita in Irlanda non è andata come speravo, ma venire qui non è stato uno sbaglio. Cinque anni fa il volo Italia-Irlanda fu una proiezione verso il mio futuro; oggi è il ritorno al mio presente.

In questi anni, lentamente, ho preso coscienza del mio status di “expat”. Una condizione specifica, diversa da viaggiatore e da chi invece non si è spostato mai. Avete notato che non si dice più emigrato? L’emigrato scappava dalla miseria, lasciava moglie e figli e andava a lavorare nelle miniere in Belgio. L’expat ha una laurea, parla due, tre, quattro lingue, è single e decisamente non muore di fame. È un altro il tratto caratterizzante che lo definisce. L’expat è un nomade stanziale. Non è più ma non sarà mai qui.

Gli anni mi hanno permesso di far pace con me stessa. Sono partita con un forte sentimento di rabbia. L’Italia era tutto “schifo”; l’Irlanda era tutto “meraviglioso”. Il tempo calma gli animi, smussa gli angoli e restituisce una visione oggettiva.

Si impara ad apprezzare in maniera obiettiva il luogo da cui si proviene e quello in cui si è scelto di vivere. Cambiano le percezioni e i punti di riferimento. Tornare vuol dire andare in Italia o andare a Dublino? Dipende dalla persona con cui sto parlando. Se sono con i miei colleghi irlandesi “vado a casa” vuol dire Padova; se sono a Padova “domani torno a casa” vuol dire prendere un aereo per l’Irlanda. Ma dentro di me non ho dubbi. Posso sentirmi a casa in due diversi edifici, ma “la mia casa” è una sola. Col tempo ho iniziato a provare nostalgia: mai di un luogo, ma delle persone, e di un periodo della mia vita. Mi ci sono voluti anni per riuscire a definire i miei sentimenti di appartenenza ad un luogo. Ovvero, mettermi il cuore in pace. Io non appartengo più a Padova, ma Padova apparterrà sempre a me. Casa, in questo 12 maggio 2013, è Dublino.

Domani chi lo sa? Domani è un altro giorno. E poi ricordate sempre una cosa: ogni partenza implica sempre un arrivo. Vale anche il contrario: se c’è un arrivo significa che prima c’è stata una partenza. L’una non può esistere senza l’altro. Anche quando è un viaggio di sola andata.

“Ti abitui presto, e non per questo scordi ciò che hai lasciato”

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Comments

  1. Sara says:

    Ti contraddico. Se uno conosce la realtà Italiana odierna capira che oggi l’expat è per la maggior parte delle volte colui che non ha avuto scelta. Perché il proprio paese non offre nulla.

    1. laragazzaconlavaligia says:

      Questo e’ vero, molte persone vengono qui solo ed esclusivamente perche’ non riescono a trovare lavoro nel loro paese (Italia, ma anche Spagna, Grecia…). Di solito pero’ queste persone sono anche quelle che appena possono tornano da dove sono venuti, e potrei fare esempi di gente che e’ riuscita a tornare in Italia e trovare un lavoro. Altri no, sono ripartiti per altre mete. Qualcuno e’ tornato a Dublino. Qualcun altro finisce per stabilirsi qui, perche’ che gli piaccia o no Dublino ormai la loro vita e’ qui.

      L’eta’ e’ certamente un fattore che puo’ fare la differenza. Quando mi dicono che a 30 anni hai la stesse possibilita’ di un ventenne la mia risposta immediata e’: CAZZATE. I punti di vista sono diversi, le esperienze sono diverse, le energie sono diverse, la pazienza e’ diversa.

      Pero’ e’ anche vero che “piu’ difficile” non vuol dire “impossibile”.

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