Sul concetto di fallire: la mia esperienza di au pair in Inghilterra

Scrivo questo post per tutte le persone che vogliono partire ma hanno paura di “fallire”. Lo scrivo per chi sta prendendo una decisione importante che comporta dei rischi molto alti. Lo scrivo per me, per ricordarmi che la strada intrapresa è difficile, tutta in salita e piena di insidie, ma è stata una mia scelta e non voglio tornare indietro.

Cos’ho imparato dal mio “fallimento” e perché non lo considero un fallimento

Lo dimentico sempre, ma ho fatto il mio primo viaggio da sola all’età di 18 anni, destinazione Londra, motivo: realizzare un sogno, quello di fare un’esperienza all’estero. Lo dimentico perché nella mia mente non è stato un viaggio. L’ho pure considerato un fallimento. Sono tornata a casa due mesi prima del previsto, stando via soltanto un mese anziché tre. Ho pianto sull’aereo del ritorno e per mesi ho avuto paura a ripartire. Londra era il mio grande sogno ed era fallito. Il fatto è che io non volevo tornare a casa, volevo stare lì.

Nonostante nella mia testa l’esperienza londinese sia stata un fallimento, non mi sono mai pentita di essere partita. Credo di aver imparato molto da quelle cinque settimane all’estero.

In particolare, mi è sempre stata chiara una cosa: a Londra non sono diventata adulta, la strada era ancora lunga, ma per la prima volta ho capito esattamente cosa significa essere adulti. Non significa essere sposati, fare un mutuo o avere dei figli: significa saper prendere decisioni anche quando non ci si può consultare con nessuno.

Ancora più importante, l’aver “fallito” a Londra mi ha dato in seguito la forza di  affrontare esperienze che mi spaventavano. Il punto fondamentale è: sì, non è andata come volevo, però mica son morta… e poi la frase che mi sono sempre ripetuta nei momenti in cui avevo paura di non farcela è: “Se ce l’ho fatta a Londra da sola a 18 anni con quattro soldi, ce la farò anche stavolta”. Insomma, ho tratto energia da un’esperienza negativa.

Intendiamoci: il mio rientro anticipato non è stato causato da sfortuna, ma da ingenuità e mancanza di esperienza. Con un po’ più di fiducia in me stessa e spirito di iniziativa sarei certamente riuscita a trovare una soluzione che mi permettesse quantomeno di fermarmi a Londra per il periodo programmato di tre mesi ed evitarmi quel deprimente volo di ritorno. La famiglia che mi ospitava mi prenotò al telefono un volo di Azzurra Air in partnership con Debonair da Luton verso Bergamo. Era economico, a quel che ricordo, ma non così tanto economico. Sbagliarono a scrivere il mio nome ma mi lasciarono imbarcare lo stesso. Eravamo soltanto undici passeggeri, lo so perché la hostess passando accanto a me sussurrò alla collega: “Che tristezza viaggiare con 11 persone!” Probabilmente suboravano il licenziamento. L’anno dopo infatti la compagnia chiuse baracca e burattini per difficoltà finanziarie. A me e ai miei genitori che erano venuti a prendermi Orio al Serio sembrò un aeroporto fantasma. Noi undici reduci di Azzurra eravamo gli unici passeggeri al terminal degli arrivi. Ci voleva RyanAir perché Orio al Serio diventasse uno dei più importanti aeroporti nazionali: sarebbero passati ancora diversi anni prima che ciò accadesse.

A distanza di quasi vent’anni dalla mia esperienza di au pair continuo a pensare che avrei voluto restare a Londra, ma non mi dò colpe per il mio rientro anticipato. Ero veramente ingenua ed inesperta e col senno di poi sono stata già coraggiosa a partire quando tutti mi davano della pazza. All’epoca Internet non lo conosceva nessuno, non si comunicava con Skype o WhatsApp. La maggior parte delle persone (io inclusa) non aveva nemmeno un cellulare. Una volta che si partiva, i contatti con famiglia e amici erano sporadici. C’era già naturalmente chi andava all’estero: i gelatai in Germania, gli adolescenti a fare vacanze studio in Inghilterra, i fricchettoni in giro per l’Europa… io però non facevo parte di nessuna di queste categoria e la gente si chiedeva che cosa ci andassi a fare a Londra. Può sembrare esagerato adesso, ma all’epoca non c’era la facilità di spostamenti che abbiamo oggi, volare era ancora un lusso. Mentre oggi è un’esperienza che tutti vogliono fare per metterla nel curriculum, allora andare all’estero era ancora considerata cosa da avventurieri. La mia famiglia mi appoggiò in pieno ma aveva paura; tutti gli altri mi dicevano di lasciar stare. E io invece, testarda, son partita.

Ora analizziamo la mia storia personale: come la giudichiamo? Un fallimento perché sono tornata in anticipo? Non sarebbe forse meglio concentrarsi sugli elementi positivi, ovvero:

  1. sono partita (= posso almeno dire di averci provato, non ho rimpianti per non averlo fatto)
  2. sono cresciuta e non ho più avuto paura di cavarmela da sola
  3. non mi sono mai pentita

Cambia la definizione di fallimento… e non sarà più un fallimento

Il nodo cruciale sta nella definizione di “fallimento”. Viviamo nell’era del successo forzato: famiglia, amici, scuola, lavoro… tutti si aspettano da noi risultati, medaglie, premi. Questa continua corsa all’essere primi ha un peso schiacciante sull’individuo. Per questo ciò che sarebbe semplicemente un evento sviluppatosi diversamente da come l’avevamo programmato o voluto viene etichettato come “insuccesso”, “fallimento”.

Ma chi è a stabilire quando abbiamo fallito? Qual è il giudizio che conta veramente?

IL NOSTRO.

Freghiamocene se gli altri, secondo i LORO criteri di società e carriera, ci considerano dei perdenti. Scegliamo dei diversi criteri: scegliamo i parametri di giudizio che REALMENTE ci interessano e allora cambierà la valutazione delle nostre esperienze. Forse le cose non andranno come avevamo previsto o come avremmo voluto, ma è stato importante provarci, magari per aggiustare il tiro o darsi nuove mete. O anche solo per scoprire che si stava bene dove si era.

Ricordate un’altra cosa, me la dice sempre una persona a me a me tanto cara quando mi vede piangere perché mi sento una fallita: Internet – peggio ancora i social media – è la vetrina dei sorrisi e dei premi trionfi. Nessuno condivide i propri fallimenti. E questo lo sappiamo benissimo… razionalmente. Solo che poi, quando stiamo male, ci sembra che agli altri vada tutto bene. Ci sentiamo degli sfigati, incapaci, nullità. Non ho combinato niente di buono nella vita e non ci riuscirò mai.

Ma buono per chi?

Teniamo sempre a mente ciò che è importante per noi (e non per gli altri). Il mio primo viaggio da sola sarà anche stato un totale fallimento ma sono felice di averlo fatto.

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Se volete fare un’esperienza o se volete cambiare radicalmente la vostra vita e avete paura ricordate solo una cosa: se anche andrà male PACE AL CAZZO, almeno ci avete provato. E sapete qual sarà, in ogni caso, il premio per voi? Il tempo, la consapevolezza di averlo speso facendo qualcosa che per voi era importante.

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Comments

  1. francesco says:

    Devi essere una donna veramente eccezionale.

    1. laragazzaconlavaligia says:

      Questione di percezione…. io mi definisco “una minchiona qualunque” :) Sono un essere umano, come tutti ho lati positivi e lati negativi, momenti di esaltazione e momenti di tristezza. Non ho un’intelligenza superiore, nè una forza fisica estrema, nè un qualche talento in cui eccellere. Mi barcameno nella grande avventura della vita, cercando di vivere al meglio nei limiti delle mie possibilità; qualche volta mi riesce di fare cose che considero straordinarie.

      Credo che tanti sentimenti di frustazione e inadeguatezza derivino dal fatto che la società moderna ci bombarda con modelli di successo e perfezione: c’è il premio per il miglior impiegato, le stelline per i ristoranti, le medaglie nelle gare sportive, i voti a scuola… siamo continuamente giudicati e quindi sotto pressione.

  2. Arianna says:

    Ciao:) ho deciso di fare l’Aupair in Spagna per 5 mesi! Quello di venire all’estero è sempre stato un grande sogno che non sono mai riuscita a realizzare..fino ad ora.
    Sono arrivata qua ad inizio gennaio, e già dalle prime settimane iniziavo a capire che non era quello che mi aspettavo, ne quello che volevo. Con la famiglia mi trovo bene, sono bravissimi! E con le bambine a parte alti e bassi, nel complesso bene.
    Viviamo in un piccolo paese vicino a Madrid, che purtroppo non è collegato benissimo e quindi limita un po’ la mobilità. Ho pensato tanto di tornare a casa, dal mio ragazzo, dalla mia famiglia, dalle mie abitudini.
    Giusto questa sera ho parlato con la famiglia, chiedendogli se eventualmente potessi andarmene prima. Loro mi hanno detto che se non sto bene posso tornare certamente quando voglio che per loro non sarebbe un problema.
    Ma ora…cosa mi frena?
    Non riesco a capire davvero ciò che voglio, non capisco quali siano le mie paure.
    Ti chiedo aiuto
    Grazie

    Arianna

    1. laragazzaconlavaligia says:

      ciao Arianna

      prendi la tua decisione con serenità: non devi dimostrare niente a nessuno. Non devi per forza star lì se non stai bene, non devi per forza tornare se qualcosa dentro di te ti dice “ancora no”.

      Questa società ci bombarda di messaggi di successi, premi, vittorie e chi “non ce la fa” secondo questi modelli viene visto negativamente. Torni prima quindi hai fallito. NO: torni prima perché segui il tuo istinto naturale che ti dice che lì, in quella situazione, non stai bene. Tornerai con un bagaglio di esperienza che ti aiuterà a prendere le prossime decisioni della tua vita, tornerai con dei ricordi (magari molti dei quali brutti, ma tra tanti ci sarà sicuramente qualcosa di bello), tornerai sapendo di aver provato quest’esperienza che volevi fare e nel futuro non avrai il rimorso di non averla fatta.

      Ma magari non è ancora giunto per te il momento di tornare… se non sei ancora sicura, forse c’è qualcosa di questa esperienza che hai fatto per cui vale la pena continuare.

      Io non me la sento di dirti che devi tornare: sei tu, con i tuoi sentimenti, i tuoi desideri, la tua personale situazione a dover decidere cosa è meglio per te. Ciò che posso e voglio dirti è che qualunque cosa sceglierai è totalmente OK. Non farti ingabbiare dalle aspettative altrui, scegli in totale serenità. Da come scrivi mi sembri già una persona matura che non si abbatte al primo ostacolo.

      In bocca al lupo per tutto!

      Arianna :)

      1. Arianna says:

        Grazie per avermi risposto:)
        Purtroppo sono ancora qui ad arrovellarmi il cervello…sono stanca mentalmente a forza di continuare a pensare.
        Probabilmente l’opzione migliore per stare bene é quella di tornare a casa, ma é una cosa che mi spaventa! É vero, si tratterebbe solo di un mese di anticipo..nulla di più, ma ho paura di pentirmi di essere tornata prima!
        Al tempo stesso sono cosciente del fatto che stare qui per un altro mese potrebbe significare stare male per un altro mese…
        Non so davvero che fare, so che devo trovare la risposta da sola…ma questo “problema” , che problema non é, sta diventando una vera e propria ossessione nella mia testa

  3. Nicoletta says:

    Ciao, ho deciso di partire per l’Inghilterra senza una data per il ritorno.
    Mi trovo la mia famiglia sul sito AuPair e parto esattamente dopo due mesi. Consapevole delle difficoltà e della mancanza di tutti resto comunque entusiasta. Arrivata all’aeroporto si presenta lei la mia nuova ” mamma ”. Arrivo a casa mi abbracciano e bimbi si presentano, mi fanno vedere la loro casa ed era come nelle foto, tutto era perfetto. Una famiglia felice e legata, nonostante tutto. Il mio giorno lavorativo inizia all’indomani e decido di andate a dormire presto. Non sapevo effettivamente quanto aiuto in casa avesse bisogno ma ne rendo conto quando mi lascia nei giorni successivi la tabella di marcia. Mi chiedeva se ero stanca che comunque era un impegno ma rispondevo che potevo farcela. Tutto procede regolarmente con qualche litigata sulla mia poca voglia di parlare con loro, di mangiare con loro o semplicemente uscire con loro. ” Tengo duro ” e vado avanti. Inizio a pensare che non sono fatta per questo lavoro e non sono brava che ai bambini non piaccio. Io mi abituo ai suoi ritmi; colazione, scendono i bambini mangiano e io salgo su a pulire tutto. In tarda mattinata si va al parco poi pranzo. Il bimbo dorme e io pulisco casa, (camerette dei bimbi e salotto erano videosorvegliate, per controllare i figli e soprattutto me se lavoravo) ogni giorno una stanza diversa e nel pomeriggio si gioca. Nel frattempo partono per la loro vacanza e io decido di stare a casa da sola, mi lascia la lista di tutte le cose da pulire in casa e mi dice inoltre che posso pulire di più e che la lista è un aiuto. Io pulisco tutto ciò che c’era scritto, tornano e lei il giorno dopo controlla la casa, non va bene niente io per lei non capisco nulla e non ho fatto nulla, decide inoltre di non pagarmi quella settimana (cambia idea dopo che ha parlato con il marito). Quella sera dopo la discussione prendo la mia decisione di tornare a casa lei mi disse di darle il tempo di trovare una nuova aupair e poi potevo andare via. Io sono partita con l’intenzione di stare via per molto più tempo ma torno a casa dopo due mesi. Un grande fallimento per i miei obbiettivi, e per tutto. Non ho mai detto a nessuno VERI motivi ma a me sembrava che cercassero una donna per le pulizie. Ci sono stati bei momenti ma non erano sufficienti, avevo 21 anni. Ad oggi per me è un fallimento forse ho sottovalutato tutto. Non saprei, dopo tanto tempo ho ancora molti dubbi.

    1. laragazzaconlavaligia says:

      Io ero ancora più giovane, avevo 19 anni all’epoca e adesso sto per compierne 40… tante volte mi chiedo cos’avrei potuto dare di diverso perché le cose andassero, ma sai qual è la verità? Non cambierebbe niente. A distanza di tempo riconosco che ero molto ingenua, adesso sicuramente mi farei valere di più, ma perché fustigarsi? Sì, ero ingenua: ero anche molto giovane e avevo fatto poche esperienze. Eri molto giovane anche tu e hai dato il massimo per far funzionare le cose. Non hanno funzionato? Peccato, ma non rimuginarci su.

      Cambia la prospettiva: sei partita e ci hai provato, cosa che tante altre persone non avuto il coraggio di fare e ora, ad una certa età, rimpiangono. Devi dirti “brava” per questo e ripetitelo all’infinito. Non lasciare che questa società che ci vuole tutti vincitori e con le recensioni 5 stelle ti schiacci.

  4. Ves says:

    Io sono tornata a casa da due giorni , dopo una brutta esperienza come au pair !
    Purtroppo la non buona riuscita è dipesa tutta da me .
    Arrivata in famiglia sono stata presa da attacchi di panico ( mai avuti invita mia ) che mi hanno talmente destabilizzato da farmi tornare a casa con una tremenda sensazione di sconfitta addosso.
    Il problema è che non sono più una ragazzina , ma ho 29 anni e qiesto aplifica il mio senso di inadeguatezza e incredulità verso la persona che pensavo di essere e invece non sono .
    La nota “positiva” è stata lo scoprire un lato sconosciuto e prendere coscienza della paura inconscia dentro di me .
    Non so come ne uscirò da questa situazione . Spero solo di lasciarmi alle spalle il senso di fallimento .

    1. laragazzaconlavaligia says:

      mi sembra che sei già sulla buona strada: non hai un atteggiamento distruttivo ma uno costruttivo, hai trovato un lato positivo in quest’esperienza. Fare la au pair non è per niente facile, viene spacciata per una cosina che possono fare tutti, a volte come un ripiego rispetto al trovare lavoro, invece è un’esperienza carica di responsabilità, peraltro in un contesto nuovo e con una lingua che non è la nostra. Insomma, se mi permetti il francesismo, son gran cazzi ed è quindi normale che a qualcuno possa prendere male. Anche a me è successo, per cui ti capisco perfettamente.

      Che fare ora?

      Sei tornata a casa da pochissimo, il tempo potrebbe essere sufficiente a farti rimettere tutto in prospettiva. Quest’esperienza potrebbe aver scoperchiato qualcosa che era dentro di te: se dovessi renderti conto che questa paura inconscia può avere cause profonde ti consiglio di rivolgerti a un professionista. Ma non affrettare la cosa, può essere anche che semplicemente ti sei trovata in qualcosa di nuovo e difficile da gestire e l’ansia potrebbe essere legata solo alle difficoltà di quel momento.

      Non posso ovviamente dare consigli terapeutici perché non ne ho le competenze, ma questo è quello che mi sento di dirti avendo vissuto anch’io un’esperienza negativa. Concentrati sul positivo, che hai già trovato, non focalizzarti sull’essere tornata, sul “non esserci riuscita”: ricorda che hai avuto la forza di partire e di provarci, cosa che non tutti riescono a fare. Sii orgogliosa di questo.

      Ti abbraccio.

  5. Ilenia says:

    Ciao, ho letto questo post e l’ho trovato molto interessante ma allo stesso tempo ho ancora più dubbi di quanti ne avessi prima. Sono un’Aupair in Germania da due mesi e il contratto dura fino a Luglio 2019. Ho scelto di fare questa esperienza perché mi serve imparare bene il tedesco in quanto vorrei vivere e lavorare in Germania e la famiglia ospitante abita in una zona centrale, mi offre una bella camera e bagno privato, paga interamente il corso di lingua, paga interamente l’abbonamento dei trasporti inoltre io avevo già lavorato con i bambini come animatrice solo nel periodo estivo.. e mi sono detta che era conveniente partire e che finalmente avrei ottenuto ciò che volevo. In realtà, mi è difficile adattarmi. Io ho già vissuto in Germania per sei mesi ma come studentessa Erasmus quindi pensavo ingenuamente che non avrei avuto problemi ad abituarmi a delle nuove regole, nuovo cibo o altro. Invece mi sento inadeguata, la città mi piace e sono ancora convinta che voglio vivere e lavorare qui ma ho come l’impressione che fare l’Aupair non faccia per me. Mi sento come se non sapessi fare nulla, che ai bambini non piaccio e soprattutto faccio fatica a parlare con la famiglia e non vedo l’ora che arrivi la sera così posso stare per conto mio. Qui ho conosciuto altri AuPair e ho un gruppo di amici e con loro parlo tedesco in maniera spigliata e sto bene ma quando devo tornare a casa e stare con la famiglia ospitante mi ammutolisco o quando mi fanno qualche domanda sembra che io non sappia parlare tedesco per nulla. Non so perché ma non mi sento a mio agio con la famiglia ospitante e non so che fare perché non voglio tornare in Italia e ho bisogno di imparare bene il tedesco e credo che essere AuPair è il modo più economico per raggiungere il mio obiettivo. Ma allo stesso tempo ho paura di non resistere per altri nove mesi che cosa mi consigli di fare?

    1. laragazzaconlavaligia says:

      ci ho messo un bel po’ a rispondere e non sono nemmeno sicura di quel che dovrei dire. Così, d’impulso, nella sicurezza della mia casa, attorniata dal ragazzo che amo e dal comfort delle routine quotidiane ti direi: stringi i denti e rimani. Fallo in vista del tuo obiettivo, principalmente, e delle cose belle che ti sono capitate o ti capiteranno in questo accidentato percorso.

      Mi rendo conto però che luglio 2019 è mooooooolto lontano, e io sono quella che tanti anni fa ha “mollato”, quindi proprio non credo di essere legittimata a dirti di restare. La via giusta secondo me è quella del benessere: metti sul piatto pro e contro, o se vuoi puoi fare un ragionamento in termini di energia, le positive contro le negative, e vedi da che parte pende la bilancia. Da lì prendi la tua decisione.

      Mi rendo conto che dall’aspetto economico, effettivamente fare la au pair è l’unico o uno dei pochi modi di stare in un paese se non si può lavorare (per mancanza di conoscenze linguistiche o altre ragioni). Però io sono convinta che non c’è mai una sola opzione. Se deciderai di tornare perché non ce la fai più riuscirai a trovare un altro modo per raggiungere il tuo obiettivo a lungo termine. Ne sono convinta, perché da quel che scrivi sembri una ragazza determinata e piena di risorse, decisamente non una che si lamenta di continuo.

      Qualunque cosa deciderai, io ti auguro ogni bene.

  6. Ornella says:

    Ciao! Ho appena trovato questo sito e l’ho trovato “adatto” a ciò che sto passando ora e avrei bisogno di un consiglio. Sono arrivata in Inghilterra quasi 7 mesi fa come au pair plus/In realtà mother plus housekeeping. La mia host family mi aveva detto che avrei dovuto prendermi cura del loro bambino e una volta a settimana pulire la casa. Devo ammettere di averla presa forse troppo alla leggera, credendo sarebbe stato facile, e ho detto di si senza pensarci troppo (anche perché mi avevano detto che la pulizia era SOLO  una volta a settimana, per il resto non me ne sarei mai dovuta preoccupare). Appena arrivo però, mi da subito una lista delle cose da pulire TUTTI i giorni (senza contare la pulizia “generale((profonda in realta))” della casa ogni settimana) e non parlo purtroppo del bicchiere usato o del tavolo sporco della cena, parlo purtroppo di pulire sempre la cucina intera, pavimento incluso, e tutto quello che loro sporcano.
    Abitano purtroppo in un piccolo villaggio e quindi ogni volta che voglio uscire devo prendere il pullman (che sappiamo essere costoso purtroppo) e quindi mi è sempre stato difficile risparmiare. Loro dopo un mese che ero lì hanno cominciato anche a trattarmi male, a rispondermi male, a cambiarmi i giorni lavorativi sempre ma dicendomelo il giorno stesso (Loro lavorano a turni e quindi di conseguenza anche io) ma aspettandosi che sia sempre io a fare tutto. Tutto questo mi ha messo sotto stress e con la paura di non farcela e ho cominciato, purtroppo, a pulire male, dimenticarmi delle cose da pulire o di pulirle a metà e questo però non faceva che incrementare la maleducazione della famiglia. Hanno anche cominciato a parlare male di me davanti al bambino che, di conseguenza, ha cominciato a trattarmi in maniera molto rude.
    In teoria per contratto dovrei rimanere con loro fino a luglio, ma giusto ieri gli ho detto che me ne voglio andare. E, ovviamente, hanno detto che mi trattavano così per colpa mia che non facevo mai quello che mi chiedevano.
    Io però, dopo avergli detto che me ne voglio andare non mi sento in pace per niente. Anzi, non faccio altro che piangere e sentirmi una fallita perché si, hanno ragione, è colpa mia. Secondo te è un bene che me ne stia andando o magari avrei dovuto provarci di più? Mi piacerebbe anche rimanere a vivere in Inghilterra ancora un po’ cercando un altra famiglia, ma ho paura che farò gli stessi errori (anche la mia host mum ha detto che se faccio così a lavoro mi licenzieranno subito).

    1. laragazzaconlavaligia says:

      da come mi racconti la tua storia, e non credo tu abbia nessun motivo per mentirti, non credo che tu debba farti nessuna colpa. Sbagliare è umano, e sotto stress sbagliare è ancor più facile. Sei comunque rimasta lì e hai comunque pulito tutti i giorni, nonostante non dovesse rientrare nei tuoi compiti.

      Purtroppo più parlo con ragazze che hanno fatto l’au pair e più mi convinco che le famiglie host si dividono in due nette categorie: gli angeli e i demoni. I primi sono persone meravigliose, che hanno capito cos’è una au pair: UNA PERSONA, che offre dei servizi in cambio di vitto e alloggio. I secondi sono degli stronzi che pensano che l’au pair sia una servetta. Si approfittano del fatto che spesso le au pair sono ragazze giovani, magari ingenue e magari anche che avrebbero difficoltà a trovare un lavoro retribuito perché il loro inglese ancora non è molto buono. I demoni trattano male le persone, non hanno rispetto, figuriamoci comprensione.

      Il primo consiglio che ti dò è non colpevolizzarti. Cerca di migliorare la qualità del tuo lavoro, ma senza “crocifiggerti” se fai degli errori. La mancanza di valvole di sfogo purtroppo non aiuta, ma nei limiti di ciò che offre la zona coltiva i tuoi hobby. E, soprattutto, rilassati e respira. A me aiuta tantissimo lo yoga, che puoi fare anche a casa seguendo delle lezioni su Youtube. Un canale che a me piace molto è Yoga with Kassandra.

      Datti un po’ di tempo per riprendere forze e poi valuta quanto ti sta dando quest’esperienza. Se, nonostante le difficoltà, preferisci rimanere hai già la risposta: lo stai facendo per te e non per loro. Se invece vuoi andare via leggiti bene il contratto perché dubito che non ci sia per te la possibilità di andartene anticipatamente (con un preavviso). Gli fa comodo farti credere che non è possibile o che se anche cambi ti licenzieranno subito perché per loro cambiare continuamente au pair è una seccatura… peccato che ho vari esempi di famiglie che – sarà un caso? – cambiano au pair molto spesso.

      All the best,
      Arianna

  7. Beatrice says:

    Ciao! Sono arrivata la settimana scorsa dall’Italia agli Stati Uniti d’America.
    Mi trovo in Colorado, dopo una settimana a New York per i corsi da au pair.
    Sono nella fase delicatissima dove sto cercando di capire se mi piace, se mi trovo bene, la schedule con la host mom, i posti da vedere,come fare, cosa fare, come spostarmi, chi conoscerò o se magari rimarrò rintanata in casa.
    Arrivo da un piccolo paese del Nord Italia, qua sono finita out da tutto. Ci vuole la macchina come in quasi tutta l’America solo per prendere 1 pezzo di pane.
    Ho paura di partire negativa e di conseguenza buttarmi giù e trovare difficoltà.
    Ho conosciuto qualcuno nel weekend, tutta gente già abituata e tutta gente che continua a ripetere ‘Maddai, ti devi solo ambientare è normale! Amerai io Colorado, amerai lo stile di vita’
    Ho davvero paura di farmi sottomettere dal cambiamento e di partire col piede sbagliato. Dentro di me sentivo di volerlo fare, e so che voglio rimanere. Lo devo a me stessa, e ci ho investito tempo ed energia e coraggio! La mia host mom è adorabile. Le bimbe fantastiche le amo già e adoro il loro modo di vivere.
    Ho solo paura che l’inizio sia quello che poi non sarà fra qualche mese.
    Hai qualche suggerimento per me?
    Grazie!

    1. laragazzaconlavaligia says:

      è sempre difficile giudicare una situazione dall’esterno ma dall’idea che mi sono fatta da quel che scrivi il consiglio che ti dòò è: rimani e vivi questa avventura con gioia. Già la scelta dell’America anziché di una più semplice meta europea denota che hai curiosità e carattere. La cosa importante credo sia il fatto che ti trovi bene in famiglia: è questo fattore che a me ed altre persone ha rovinato l’esperienza.

      Penso che passato il primo momento di difficoltà e magari anche un po’ di noia, che ti servirà per adattarti a vivere uno stile di vita completamente diverso, vivrai una bella esperienza. Magari diversa da quella che ti eri immaginata, ma che sarai felice di aver vissuto.

      Buona fortuna!

  8. Arianna says:

    Ciao! Sono una ragazza au pair di 19 anni che vive, da un mese, nella campagna Inglese.
    Ho deciso di intraprendere quest’avventura perché ho sempre sognato di fare delle esperienze all’estero e soprattutto perché ho vissuto una “fase di stallo” dopo essermi iscritta all’università e dopo pochi mesi averla conclusa. Per questo motivo sentivo il bisogno di cambiare e parlando con delle ragazze che avevano già intrapreso quest’esperienza ho deciso di provare anche io, così mi sono iscritta ad AuPair World e dopo varie settimane ho trovato un host family felice di ospitarmi. Ho avuto modo di conoscerla, insieme alla loro ragazza au pair (tra l’altro italiana anche lei) nel mese precedente al mio arrivo. Ero davvero entusiasta!
    Prima di partire però non ero consapevole al 100% della situazione familiare in cui sarei andata, in quanto non mi era stata spiegata. Il bambino di 6 anni aveva subito due interventi al cuore, nato senza un’arteria coronaria e la sorellina di 4 anni per questo motivo non aveva visto la mamma per 2 mesi perché era in ospedale insieme al fratellino.
    Arrivata dalla mia host family la situazione sembrava tranquilla, posto bellissimo e il mio inglese migliorava giorno dopo giorno. Con il passare delle settimane però i bambini diventavano veramente difficili da gestire, il mio inglese non progrediva e cercavo di fare il possibile per tenere la situazione sotto controllo ma ogni volta quando avevo i pomeriggi programmati con i bambini, ero costretta a chiamare la mamma perché volevano soltanto lei.
    Ho pensato più volte di interrompere questa mia esperienza perché stressata e convinta di non essere all’altezza. In più mi ero prefissata l’obbiettivo dei 4 mesi fuori casa e tornare prima era come se fosse stata una sconfitta per me.
    Poi una settimana fa con l’host family, abbiamo deciso di comune accordo ma con rammarico, di terminare questa avventura perché il tutto era diventato ingestibile ed insieme ci siamo messi alla ricerca di una nuova famiglia per me.
    Dopo aver accettato di andare in un altra host family (anche quest’ultima un po’ complicata in quanto la mamma delle bambine è morta pochi mesi fa) ho realizzato che forse era una cosa troppo grande per me. La morte della loro mamma rende per me le cose davvero delicate e difficili al tempo stesso, in quanto sento molto il peso della felicità delle bambine. Mi trovo in una situazione in cui sento il bisogno di tornare a casa e vedere la mia famiglia ma al tempo stesso vorrei poter continuare la mia esperienza come au pair con il massimo della serietà che però in questo momento non sento di avere.
    Hai qualche consiglio da darmi?
    Grazie in anticipo!

    1. laragazzaconlavaligia says:

      Innanzitutto complimenti per non aver mollato alla prima difficoltà, dimostra che sei una persona con grinta e forza di volontà. Le situazioni che ti sei trovata ad affrontare, sia la prima che la seconda, sono molto complesse, decisamente non alla tua portata. E questo non perché tu sia incapace o stupida, semplicemente secondo me sono situazioni che richiedono molta esperienza e direi anche il supporto di un professionista (psicologo/psicoterapeuta).

      Il consiglio che ti dò è di ascoltare te stessa. Non devi dimostrare niente a nessuno: hai già dimostrato di essere una persona seria. Il fatto stesso che ti poni il problema lo dimostra. Ora chiediti sinceramente se ce la fai ad affrontare questa situazione che, credimi, è davvero più grande di te. Non posso essere io a dirti “vattene” oppure “rimani”, perché ogni persona è una storia a sé, non ti conosco e non posso darti consigli in questo senso. Ma posso dirti che qualunque cosa sceglierai non avrai nulla da rimproverare a te stessa.

      Un abbraccio forte

      1. Arianna says:

        Grazie della risposta, mi è davvero utile sentire pareri differenti!
        Quello che mi sento di fare ora è provare, poi come hai detto tu nessuno mi obbliga a rimanere.
        Proverò per un po’ e vedrò come andrà sperando che vada tutto per il meglio.
        Grazie mille ancora!

  9. Provarci, secondo me, non é mai un fallimento e spesso le cose che non vanno come avevamo previsto si rivelano essere le più utili per la vita che verrà.

    Un abbraccio

    1. laragazzaconlavaligia says:

      Sono assolutamente d’accordo! :)

  10. Marina says:

    Arianna ho avuto un’esperienza molto simile alla tua e ti stimo molto per quello che dici in questa pagina! Non sono partita come Au Pair ma per viaggiare alla ricerca di me stessa e con un sogno grande nel cassetto : vivere all’estero per un periodo!!Sono stata in Francia per un anno e mezzo, ho studiato e lavorato come riuscivo ma senza trovare mai niente di stabile da nessuna delle due parti.Ho vissuto un po’ un mezzo incubo. Ma quello che poi è più duro è stata una malattia imprevista ed improvvisa e questo mi ha destabilizzata molto.Rientro in Italia, ma questo viaggio, come per te il tuo a Londra, è rimasto e rimarrà sempre un po’ un cauchemar per me. Un po’ per lo spavento, un po’ perché era inverno e un po’ perché ero giovane ma questo è stato!Quello che però di positivo volevo dire era che sono contenta di aver letto la tua esperienza che mi ha insegnato a guardare oltre il negativo e cercare il positivo in tutto quello che incontriamo sul nostro cammino…

    1. laragazzaconlavaligia says:

      eeh già, non è sempre facile trovare i lati positivi, soprattutto quando si soffre molto… ma credo sia l’unico modo per andare avanti e non lasciarci travolgere da quel che di brutto ci capita :)

      grazie per aver condiviso la tua esperienza!

  11. Rachel says:

    Mi ritrovo a leggere questo blog, nel bel mezzo della mia esperienza au pair. Dopo il primo mese (appena passato), sono seduta sul tavolo in sala da pranzo della mia host family e leggo il tuo articolo. E’ passato un mese da quando sono qui, sono partita che credevo di essere un certo tipo di persona, e ho scoperto neanche dopo una settimana che forse non era tutto semplice come pensavo. Mi manca casa a giorni alterni, ho conosciuto nuove persone ed esploro il più possibile nonostante la situazione.
    Ho parlato del mio “malessere” nella mancanza di casa anche alla mia host family, che senza problemi mi ha detto che se dovessi stare vale ovviamente posso tornare a casa.
    Ci sono giorni in cui mi sveglio e vorrei vivere qui dove sono per sempre, mentre giorni in cui guardo il volo più economico per tornare. Essere Aupair è davvero un’esperienza unica.
    Spero di riuscire a capire con l’avanzare del tempo cosa sia più giusto per me fare e spero tanto, nel caso dovessi scegliere di tornare prima, di non colpevolizzarmi e non sentirmi una “perdente”.

    1. laragazzaconlavaligia says:

      Non do mai consigli se tornare o continuare l’esperienza au pair perché ognuno di noi è una storia a sé, e poi non conoscendo chi scrive non ho accesso ai suoi sentimenti, ai suoi desideri, a quelle che erano le sue aspettative, la situazione che ha lasciato a casa e quello che si aspetta di trovare al ritorno.

      Quello che invece dico a tutti, perché lo penso veramente, è che se tornerai a casa prima del previsto NON sarai una perdente e NON avrai niente di cui colpevolizzarti. Sei partita, ci vuole coraggio a partire, quindi la tua vittoria l’hai già avuta. E poi la vita non è una competizione olimpica, non devi collezionare medaglie per impressionare gli altri. Asseconda il flusso delle tue emozioni, resisti fintanto che c’è qualcosa dentro di te che ti dice che l’esperienza ancora non è conclusa, che ci sono ancora strade da esplorare (fisiche o mentali), che hai forza e voglia per provarci. Quando questo viene a mancare fai la valigia, e falla a cuor leggero.

      Ti abbraccio.

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