Lonely Planet: per il viaggiatore indipendente o il lettore ossequente?

Non è vero che l’amore è cieco. La passione, forse. Ma l’amore implica una conoscenza profonda dell’amato, e ne accetta i limiti e i difetti. Anche quando si tratta di amore per i libri? O, in questo caso, di guide turistiche?

La mia collezione di guide Lonely Planet

Vi dicevo nel mio post dichiarazione d’amore che continuo a comprare le Lonely Planet nonostante mi sia resa conto che siano più furbette che perfette. Perché non cambio partito… pardon, guida?

Principalmente per due motivi: l’affetto (sono una sentimentale, quando di tratta di viaggi) e l’abitudine all’organizzazione dei contenuti delle Lonely, che mi permette di trovare velocemente le informazioni che mi servono. Eppure sempre di più mi accorgo che qualcosa non va.

Guide per viaggi di lusso?

La prima spia che qualcosa non andava è datata autunno 2009. Stavo organizzando il mio viaggio in Thailandia, e mi resi conto che tra gli alloggi raccomandati dalla guida Lonely Planet era più facile trovare un resort lusso che un ostello.

Mi stupii: non sono le Lonely pensate per un pubblico di viaggiatori indipendenti e/o tendenzialmente a budget ridotto? Non è più probabile che un viaggiatore low cost scelga un ostello piuttosto che un hotel? Forse ancora accecata dall’amore, pensai che non era un difetto delle Lonely in generale, ma di quella guida in particolare.

Purtroppo riscontrai lo stesso in altre guide, compresa quella di una grande città come New York. E pure a Milano la Lonely non trova che un solo ostello da consigliare. Mmmm.

Il mio sospetto di un allineamento verso l’alto delle proposte alberghiere e non solo di Lonely Planet è stato dolorosamente confermato quando ho comprato, con la stessa emozione di sempre, la guida per il mio viaggio autunnale: Vietnam. Che cocente delusione!

In più di una delle località che intendo visitare non viene citato nemmeno un ostello. In compenso, abbondano gli Sheraton e vari altri hotel a centinaia di dollari a notte. Inoltre ricorre in tutta la guida il consiglio di pagare di più perché pagando poco il servizio è scadente. Quasi un lavaggio del cervello. “Spendi di più, questo hotel bellissimo vale tutti gli euro che stai scucendo”, “Concediti la magnifica crociera lusso, non te ne pentirai”, “Sei stressato, no? Solo un massaggio di un’ora in un spa costosissima potrà risistemarti”.

Ho trovato fastidioso l’ostinazione degli autori a farmi allargare il budget di viaggio. Una guida per viaggiatori indipendenti, per come la concepisco io, dovrebbe aiutare il lettore a trovare le buone occasioni a poco prezzo piuttosto che indirizzarlo verso facili scelte di lusso.

Itinerari Lonely Planet

Il viaggio in Giappone nell’ottobre 2010 mi diede molto più da pensare. Mi accorsi che tutti i viaggiatori con cui avevo scambiato due chiacchiere in ostello seguivano gli stessi itinerari, ovvero quelli proposti dalla guida Lonely Planet.

Una sera alla cucina del K’s Hostel a Kawaguchigo arrivammo in tre con lo stesso libro in tre lingue diverse. Giappone, Lonely Planet; Japon, Lonely Planet; Japan, Lonely Planet. La prima era la mia, la seconda quello di un gruppo di amiche spagnole, la terza quella di una coppia di americani.

Sola, con le amiche, o in coppia: tre diversissimi modi di viaggiare che però si conformavano nel momento di scegliere alloggi, località da visitare, attività nel nome di “l’ha scritto la Lonely quindi dev’essere bello”.

Eravamo viaggiatori indipendenti, sì, ma omologati.

Ristoranti consigliati per viaggiatori English-speakers

Un terzo motivo per cui le Lonely mi stanno deludendo si deve a una differenza culturale. Gli autori di queste guide sono perlopiù scrittori americani e inglesi, e i gusti e le abitudini di queste nazionalità non combaciano 100% con chi ha una diversa impronta culturale.

Fuor di metafora, un ragazzo inglese, ma anche irlandese, canadese, australiano (diciamo di lingua inglese per intenderci) trova del tutto normale mangiare “etnico”, inteso come cibo di un altro paese, mentre è in vacanza.

Io invece sono stanca che in ogni paese del mondo in cui vado la Lonely non trovi nessun locale miglore da consigliarmi che un pub irlandese, e come opzioni per la cena un locale steak&burger, una pizzeria italiana o un ristorante francese. In Giappone voglio mangiare okonomiyaki, non un hamburger, che diamine! Alcune scelte degli autori mi sono sembrate semplicemente ridicole.

Ci sono poi scelte che ho criticato semplicemente sulla base di una divergenza di gusti e interessi. Queste in realtà non andrebbero elencate. I gusti son gusti, e ognuno c’ha i suoi.

Ma visto che ci siamo, ho appassionatamente mandato a fanculo gli autori della guida Lonely Planet sulla Thailandia per la spiaggia che hanno votato come la più bella di Koh Samui. Paradisiaca, secondo loro. Una discarica, secondo me, e per raggiungerla mi sono fatta non so quanti chilometri a piedi sotto il sole cocente lungo una strada tutta a curve, rischiando di venire ammazzata da uno degli scooter selvaggi in perpetuo passaggio sulle isole thailandesi. Mortacci loro. Gli autori e quelli che si noleggiano gli scooter.

Morale della favola

Per un altro punto di vista sull’argomento, più serio e ponderato, leggete questo articolo di Angelo Zinna.

Per quanto mi riguarda, che dire? Per il momento, più per pigrizia che per altro, tengo in vita il mio matrimonio editoriale, ma sto iniziando a considerare il divorzio.

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