All’inferno e ritorno = se vuoi, puoi

Un’avventura-tortura sportiva che darà forza a chi sogna di viaggiare ma ha paura di non farcela

Domenica scorsa ho partecipato ad un evento che si chiama Hell and Back, noto anche come “the toughest challenge in Ireland” e subito ribattezzato dai miei amici italiani “Coppa Cobram”. Si tratta di una corsa di 10 km in un percorso che comprende ogni sorta di ostacoli, tra cui muri da scavalcare, filo spinato, scosse, un fiume gelido da attraversare tre volte, la salita al Little Sugarloaf (342m), quintali di fango e svariate altre torture. Quando in ufficio è arrivata la prima email del social club chiedendo chi voleva iscriversi ho pensato “Neanche morta” e ho cancellato la mail. Due settimane dopo una collega mi chiese se mi iscrivevo con lei, perchè non voleva essere l’unica donna a partecipare. Eravamo reduci dall’Arthurs Day (due pinte e un numero imprecisato di rum per me), e in ufficio regnava una goliardica atmosfera di cazzeggio generale dalla quale mi sono fatta incautamente trascinare. Quei bastardi (in senso buono) dei miei colleghi si affrettarono a iscrivermi alla corsa non appena proferito l’infausto “si”.

Fu quando vidi il video dell’edizione precedente che mi resi conto con orrore di quello che mi aspettava. E come se le immagini non mi avessero spaventata abbastanza, la descrizione nel sito non lasciava alcun dubbio sull’impossibilità per me di compiere una simile impresa. Frasi come “tra i bei più paesaggi d’Irlanda… che non avrai possibilita’ di apprezzare”, “ancora più difficile dell’anno scorso”, mi convinsero che era per me una missione impossibile. Come mi ero fatta trascinare in una cosa simile? Cosa mi passava per la testa quando ho deciso di fare una cosa così stupida? Il “non ce la farò mai” ha rimbombato per giorni nella mia testa.

Purtroppo però la frittata ormai era fatta, e non mi potevo ritirare. Decisi allora che sarei andata e avrei corso quel che potevo, che tanto sarebbe stato poco, e mi sarei elegantemente (si fa per dire, con tutto quel fango addosso!) ritirata al primo cenno di cedimento.

La mattina della corsa mi sentivo stranamente di buon umore. Sarà stato il sole, o la prospettiva di una cena in un ristorante francese la sera dopo, fatto sta che mi convinsi che non era poi la fine del mondo, avrei corso quel che potevo e punto. I miei colleghi si divertirono non poco a minare le mie deboli sicurezze, ma i loro tentativi sortirono l’effetto contrario di mettermi ancor più di buon umore.
Uno di loro mi chiese: “Qual e’ la distanza più lunga che hai mai corso?”
Risposi con onestà: “Un metro”.
Un altro mi chiese: “Hai fatto un po’ di allenamento per oggi?”
Risposi con altrettanta onestà: “No”.

Alla partenza notai che uno dei colleghi che tanto mi sfotteva era un po’ nervosetto, mentre dalla mia faccia era scomparsa ogni traccia di preoccupazione. Con un rilassato sorriso, mi lanciai in questa impresa ridicola (o più concretamente, nella pozza di fango che ci attendeva a pochi metri dal via). Trovai subito il mio ritmo, lento, con il quale macinai (si fa per dire) senza difficoltà i primi due chilometri. Due chilometri di corsa! Io che non avevo mai corso più di un metro!!! Una volta realizzato che avevo fatto agevolmente un quinto del percorso mi venne voglia di completarlo. Mi dissi che se ce l’avevo fatta fin lì il resto era tutto in discesa.

In realtà ce n’era ancora un bel po’ di salita da fare, ma piccoli, personali traguardi durante il percorso mi diedero la motivazione di continuare: molte persone prima di me erano passati dalla corsa alla camminata, ero riuscita a scavalcare le palle di fieno senza aiuto alcuno dai maschi, non mi è venuto a mancare il fiato… Un passo dopo l’altro mi sentivo più vicina al traguardo e a quel punto, perdonatemi il francesismo, mi stava proprio sul cazzo abbandonare. Fu così che un po’ di corsa un po’ camminando arrivai sorridente e senza danni al traguardo. Che soddisfazione! E che piacevole sorpresa scoprire che potevo farcela!!!

Ok, ma a me di tutto ciò che mi frega?

Già, perchè dovrebbero interessarti i resoconti delle mie dilettantesche avventure sportive? E poi non avevo sempre detto che i cazzi miei non sono argomento di questo blog? Cosa c’entrano 1500 malati di mente che passano una domenica a correre nel fango con i viaggi?

C’entrano. Perchè la mia esperienza a Hell and Back è una prova di come ci facciamo limitare dalla sbagliata immagine che abbiamo di noi stessi. Ho sempre pensato che non la corsa non faceva per me per il semplice motivo che non avevo mai provato a correre. Il giorno che mi sono trovata a doverlo fare ho scoperto che avevo le energie necessarie.

Allo stesso modo, tu che hai paura di viaggiare (viaggiare in sè, o viaggiare da solo, o viaggiare per periodi lunghi…) probabilmente ti stai facendo limitare dall’opinione che hai di te stesso. Se vuoi viaggiare, hai in te le energie per farlo. La frase giusta non è “La forza sia con te”: la forza è già con te!

(continua)

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