Eventi scollegati tra loro mi hanno fatto sentire mio un luogo che pensavo non mi appartenesse: i Colli Euganei. Ci sono voluti una bici, persone speciali, musica, stelle cadenti, luna, volpi e una cartina escursionistica per capire quanto fossero buffi, magici, silenziosi e sorprendenti i colli di Padova.
Un pessimo inizio
Cos’hanno in comune i Colli Euganei con la passione per il volo? Nella mia storia personale a unirli è il ricordo spaventoso di domeniche in famiglia segnate da una noia mortale.
Mio padre i colli di Padova li amava, ma mentre quand’era da solo se li andava ad esplorare in bicicletta, quand’era in famiglia gli prendeva la frenesia dell’auto. E via, a macinare km a cazzo di cane, e meno male che parliamo dei Colli Euganei e non dell’Appennino Tosco-Emiliano sennò sai che cifre raggiungeva il contachilometri… Noi bambini ce ne stavamo seduti dietro, e dove altro potevamo stare?, e io chiusa dentro a quella scatola che mi dava il malditesta mi sentivo soffocare. Quindi per me era un’equazione matematica: colli = due maroni.
Si scendeva solo per una sosta brevissima, il tempo di un gelatino a Teolo oppure due-passi-due a Calaone, uno di quei posti che mio padre è riuscito a fare odiare a tutta la famiglia assieme alla Germania e al Brasile. La Germania siamo riusciti a recuperarla, il Brasile non lo recupereremo mai. Calaone potrebbe avere qualche speranza: me ne sono stata alla larga per circa quarant’anni, ma adesso…
Come per gli aerei, qualcosa di quelle noiosissime domeniche dev’essere entrato in me. Come un semino che sta sotto terra tutto l’inverno, una malattia di cui sei portatore sano, un fiume carsico… qualcosa che sembra non ci sia ma a un certo punto salta fuori.
In modo casuale, gli Euganei sono diventati la location di momenti importanti della mia vita. Questi eventi scollegati tra loro sono stati i puntini che a un certo punto della mia vita ho unito e mi hanno fatto sentire mio un luogo che pensavo non mi appartenesse.
La camminata fotografica e altri motivi per amare mio fratello
Premessa. Mio fratello Alessio (un santo) ha subìto quanto me gli amori-ossessioni di mio padre. Su di lui, però, l’amore-ossessione per i colli ha sortito un effetto opposto. Lui se n’è innamorato presto, e se li è girati in lungo e in largo in bicicletta. Li conosce a menadito e non se ne stanca mai. Tanto che quando ha deciso di comprare casa l’ha cercata in una zona che gli permettesse di andarsi a fare un giro in bici sui colli dopo il lavoro.
2015. Io vivo ancora in Irlanda. Durante una delle visite in Veneto mio fratello mi porta a fare una camminata sui colli. Non ricordo pressoché niente del percorso, ma ricordo la sorpresa e la soddisfazione. Fino a quel momento i colli nella mia testa erano stati solo noiosissimi km in auto, ristoranti affollati e motociclette rumorose. Mio fratello invece mi mostra verde e pace.
È il periodo in cui sono fresca di corsi di fotografia. Approfitto della camminata per fare pratica di quanto ho imparato ai corsi. Mi porto a casa degli scatti decenti, che mi aiuteranno a cementare il ricordo di quella piacevole esperienza all’aria aperta. Poi vicende hardware mi faranno perdere la maggior parte di quelle foto…
La camminata è solo un primo episodio. Mio fratello mi trasmetterà l’amore per i colli grazie a qualche altra camminata (poche, a dire il vero), un paio di fughe serali alle Fiorine in cerca di sollievo dal caldo soffocante della pianura e, soprattutto, tantissimi racconti. Mi nomina questo luogo, quell’altro, qui trovi questo, qui c’è quello, da qui puoi andare lì, da lì puoi andare là… La mia mente trattiene neanche il 10% delle informazioni che mi passa. Però il suo entusiasmo è contagioso.
La pace dell’acqua e dell’abbazia
C’è un prima e un dopo nella mia vita. La linea di demarcazione è il 23 marzo 2019: prima esperienza apnea a Y-40, la piscina più profonda al mondo* a Montegrotto Terme. È sabato, splende il sole, fa insolitamente caldo per essere marzo e accade qualcosa di meraviglioso: riesco a non avere paura dell’acqua, immergermi e toccare il fondo a -10 metri. Significa che posso godermi l’acqua, totalmente, sentirmela sotto sopra addosso… è una sensazione di benessere totale, non ne potrò più fare a meno!
Questa mattinata gloriosa si merita un finale adeguato. Invece di farmi venire a prendere a Y-40 do appuntamento a mia madre all’abbazia di Praglia. Poco amante di basiliche e chiese monumentali, ho un grande affetto per abbazie, monasteri e conventi. Di Praglia ho il ricordo di una gita scolastica e il desiderio di tornarci prima o poi. È la giornata giusta per tornare.
La distanza da Montegrotto è di soli 10 km, in pianura: posso tranquillamente andare a piedi. Sant’Alessio mi aveva già istruita sul percorso. Facilissimo, basta seguire le indicazioni dell’anello ciclabile dei colli.
Il sole mi accompagna per tutto il percorso. Che tristezza sarebbe stato tornare a casa in auto! La gioia che provo merita di essere vissuta in pieno. Camminando riesco a mantenere il benessere provato in acqua. Non ho nessuna fretta di arrivare. Anzi. Voglio prolungare il più possibile questo momento di gloria. Sant’Alessio mi aveva istruita anche sul luogo di un’eventuale sosta: seguo il suo consiglio e mi butto a prendere il sole ai “laghetti”.
Arrivo a Praglia nel pomeriggio. Sarà la prima di tante volte che qualcuno viene a prendermi all’abbazia. Ma Praglia non diventa solo un comodo luogo di ritrovo o un luogo da mostrare a chi mi viene a trovare da altre città. Diventa soprattutto il mio rifugio personale, un luogo dove andare a ritrovare pace quando ho voglia di silenzio, quando mi sento persa, quando voglio accendere una candela per dire grazie o, semplicemente, quando voglio sentirmi a casa.
Diventerà anche un luogo magico, ma per quello ci vuole una persona speciale. Dovrò attendere il 2022.
*all’epoca. Oggi è la terza.
Effetto Umbria
Durante i sei anni di vita a Perugia non ho mai, ma proprio MAI, voluto visitare i Colli Euganei. Di colline in Umbria ne trovavo a bizzeffe, ed erano molto più alte e molto meno urbanizzate. Ogni volta che venivo in Veneto volevo fare il pieno di tutto ciò che in Umbria non trovavo: il mare, la laguna, il Delta, gli argini.
Mi mancava disperatamente la pianura con il suo orizzonte sterminato, dove lo sguardo può correre all’infinito senza incontrare ostacoli. Mi mancava, soprattutto, il senso di libertà che l’orizzonte sterminato mi dava, contrapposto al senso di chiusura che mi dava il paesaggio umbro.
Nel 2022 torno a vivere in Veneto. Non è una scelta, è la conseguenza di un divorzio improvviso. Capitato dall’oggi al domani, a un mese dal primo anniversario di nozze. Non ho lucidità per pensare a dove andare a vivere: mi installo a casa di quel santo di mio fratello. Quella casa che lui aveva scelto proprio per stare vicino ai Colli.
Ce li ho vicini, ma a me lì per lì non attirano. Dopo anni di colline umbre, gli Euganei mi appaiono… ridicoli. Guardo le altitudini sulle cartine: 100, 200 metri. Casa mia a Perugia stava a quota 480. E abitavo in città. Ma dunque come chiamarli colli? Questi sono dei funghetti che spuntano dalla pianura. Pop! un funghetto (Monte Rosso). Pop! un altro (Monte Ortone). Pop… Che buffi :)
Se da un lato inizio ad affezionarmi a questo aspetto buffo da funghetto, dall’altro devo ammettere che le prime passeggiate sui Colli sono deludenti. I sentieri sono corti, ci metto più tempo a raggiungere il sentiero che a percorrerlo. Le strade non sono mai molto lontane, il rumore delle moto giunge dappertutto. È irritante e demotivante.
Però gli Euganei sono vicini. Ad esempio Monte Rosso e Monte Ortone si raggiungono in bici dopo il lavoro. Per altri posti ci vuole più tempo, allora bisogna fare nel weekend. Io ho sempre meno voglia di città – anche questo è effetto Umbria. Per i miei giretti in solitaria mi oriento verso Colli e dintorni anziché il centro di Padova.
Musica, volpi e stelle cadenti
Qualcosa che mai avrei pensato di trovare sui Colli Euganei è la musica.
Premessa. La mia conoscenza musicale non va oltre do-re-mi-fa-sol-la-si-do, ciononostante considero la musica una componente fondamentale della mia vita. Adoro la musica dal vivo e mi diverto molto di più ad andare a un concerto che a farmi una cena al ristorante. Non chiedetemi chi è il mio cantante preferito, né chi è il cantante della tal band. Vado a concerti per provare emozioni, punto. Non di rado vado a concerti di gente che non so chi sia e cosa suona. Mi lascio sorprendere: a volte in positivo, a volte in negativo.
Bene, un posto bellissimo per la musica dal vivo è l’Anfiteatro del Venda. Posto di cui io, lontana da Padova per 14 anni, non conoscevo l’esistenza. Senonché torno a vivere in Veneto e per Pasquetta mi salta fuori dai social un evento in questo bel posto. Organizzo con un’amica.
Ci diamo appuntamento a Torreglia. Io parto ore prima perché mi sposto a piedi. Ma calcolo male i tempi: devo chiederle di venirmi a prendere a Tramonte. Sono arrivata da poco, mi è tutto nuovo. La mia amica non se la prende, pazientemente devia, mi raccatta su e ce ne andiamo a goderci un pomeriggio di birre artigianali e musica dal vivo stese sull’erba. Però, che bella vita qui in Veneto!
Phill Reynolds è il primo dei miei concerti all’Anfiteatro. Ne seguiranno troppo pochi per i miei gusti, la colpa è del mio spirito nomade che mi porta lontano nella stagione dei live al Venda. Pochi ma tutti bellissimi. Pure i Tindersticks, che mai ero riuscita a vedere in Irlanda. Va’ a pensare te che vedevi i Tindersticks sui Colli…
Una di queste serate si prolunga oltre il concerto. Agosto 2023, non ricordo il giorno ma siamo vicini alla notte di San Lorenzo. Attendo che vadano via tutti poi mi incammino lungo un sentiero sul Venda. Un sentiero già fatto, molto facile, praticamente in piano. Mi stendo a guardare il cielo. Prima o poi arriverà una stella cadente, mi dico.
Attendo e non arriva. Attendo, attendo, attendo. Io sono fiduciosa, a quell’epoca i Colli sono già diventati magici. Eppure la stella non arriva… possibile che mi sia sbagliata? No, non è possibile, io alla magia credo.
Passa nel cielo una stella cadente.
Esprimo il mio desiderio, poi soddisfatta riprendo il sentiero per tornare alla macchina. Lungo il percorso incontro una volpe. La prima volpe dei Colli, dopo tante volpi urbane a Londra e Dublino.
Nelle notti di luna piena
Non solo stelle: alla musica live sui colli devo anche una magnifica notte di luna piena.
Accade a luglio 2022. La location non è l’Anfiteatro del Venda bensì Villa Beatrice d’Este. L’evento è Sentieri Sonori, il programma prevede una facile escursione da Cinto Euganeo fino alla Villa, concerto e poi ritorno a Cinto.
Al solito sono senz’auto. Come ci arrivo a Cinto in bici?
“Facile”, mi dice mio fratello. “Ci arrivi percorrendo l’anello dei colli, tutto in piano”. Sono 22 km andata + 22 km ritorno + 7 km di escursione a piedi: ce la posso fare.
È la prima volta che percorro questo tratto dell’anello dei Colli. L’andata è col sole, e non avverto alcuna fatica. Mi guardo intorno, mi dico che è ora di farlo tutto ‘sto anello. Il ritorno in bici da Cinto è uno dei ricordi più belli che ho dell’estate 2023. Il buio della notte è rischiarato dalla luna piena. Sulla mia destra, al ritmo lento della mia pedalata, scorrono i Colli. Non c’è nessuno sul percorso ciclabile a quell’ora. Silenzio e bellezza. Mi giro più volte: il naso all’insù a guardare la luna, la testa a destra a guardare i Colli. Com’è possibile che non mi fossi mai accorta di quanto bello è il profilo nero dei Colli?
Se prima non ci avevo mai fatto caso, ammirare il profilo nero dei Colli diventerà una costante dei miei giri in bici notturni. Ancora mi chiedo com’è possibile che non mi sia mai smaltata addosso a un palo: prima o poi dovrà capitare, con quanto sto a guardare in giro invece che la strada davanti a me.
Tornare a vedere
Luglio 2022, l’astio infantile per i Colli è ormai acqua passata. Ma gli Euganei ancora non sono diventati magici. Lo diventeranno di lì a poco.
Non ci posso girare intorno, c’è lo zampino di Cupido. Scocca due frecce a tradimento mentre sono stesa sull’erba a chiacchierare con un amico che non vedevo da 17 anni: una freccia colpisce me, l’altra colpisce il mio amico. Lui sì è un grande appassionato di colli. Li ha girati in lungo e in largo a piedi quando l’escursionismo non era di moda. I suoi racconti sono ben diversi da quelli di mio fratello. Non si sofferma sulla bellezza del paesaggio o sui percorsi che si possono fare combinando più sentieri. Mi parla di luoghi segreti, di leggende, di connessioni con il mondo celtico, di spiritualità, di solstizio e di feste notturne.
In un anno di storia a distanza riusciamo a fare solo due camminate sui colli. Mi porta in due grotte, una nota a tutti e un’altra che va cercata. Dentro alla seconda grotta mi sento legata a lui dal filo rosso del destino.
Mi avverte che all’inizio ci sarà il buio completo. Mi prende per mano, mi aiuta ad entrare.
“Non avere paura”, mi dice “Tra un po’ i tuoi occhi si abitueranno, e tornerai a vedere”.
Io non ho paura. Lui è lì con me e io di lui mi fido. In questa situazione, mi fido ciecamente. Abbracciati in silenzio, attendiamo che i nostri occhi tornino a vedere. Nei miei ricordi è accaduto all’improvviso, come se qualcuno avesse acceso un cerino all’interno della grotta. Ma la memoria potrebbe essere fallace, forse la luce è tornata poco a poco. Un banale fenomeno naturale, ma la meraviglia provata ha qualcosa di magico.
“Sempre tu fai accadere le magie”, penso.
La storia a distanza termina. La magia, invece, prosegue. Ancora oggi la alimento a letture di fiabe e leggende dei Colli, la innaffio di nuove camminate, nuovi giri in bici e nuove scoperte, la riscaldo con i ricordi.
La Camminata della Liberazione
Mercoledì 3 aprile 2024 concludo il divorzio. Una firma in comune mette fine a due anni in cui la mia vita è stata scandita dalle tempeste emotive e dalle lungaggini burocratiche. Posso finalmente lasciarmi tutto alle spalle e partire leggera per un viaggio di cui non ho deciso la durata. Il mio bellissimo e agognato viaggio post-divorzio. Partenza 16 aprile, ritorno non so (tornerò il 7 agosto).
C’è una cosa che voglio fare prima della partenza: una camminata lunga sui Colli. Basta sentierini da 3 km, voglio salutare il Veneto con una camminata seria, dove seria = distanze a cui mi ha abituata l’Umbria. Sentiero 2, 15 km.
Dopo settimane di grigio, vengo graziata con una giornata di sole stupenda. Sono al settimo cielo. Mi godo tutto di questa camminata: la partenza e l’arrivo, le salite e le discese, le strade bianche, i sentieri nei boschi e le rocce, la vegetazione che cambia, le soste al sole, le soste con i piedi immersi nell’acqua.
Due sono i motivi per cui sono tanto affezionata alla Camminata della Liberazione:
1. da qui a Dahab sarà tutto meraviglioso
2. con la Camminata della Liberazione i Colli Euganei conquistano piena dignità escursionistica
Il folletto del Venda
Il 12 ottobre 2024 è il primo sabato a Padova tutto per me dopo una lunga serie di trasferte e di “cose serie da fare” (comprar casa, tipo). Aaaaaaah che sollievo! Di nuovo c’è un bel sole, via subito a camminare sui colli. Ho l’auto a disposizione, posso raggiungere il sentiero che voglio. Scelgo il sentiero 4 sul Monte Venda.
Lungo il sentiero 4 incontro una persona che raccoglie castagne. Mi rivolge la parola, al che io indicando il sacchetto dico “Bel bottino”.
“Ni”, risponde lui. Non è soddisfatto, le castagne sono tante ma piccole.
Scambiamo due parole, poi le nostre vie si separano. Che personaggio strambo, penso. Decisamente troppo alto per essere un folletto, eppure deve esserlo: sembra uscito dal sottobosco. L’incontro per me ha un che di surreale. Sarà che era buffo, non so. Non so nemmeno se avrei voluto trascorrere più tempo insieme: forse con più tempo non avrei saputo cosa dirgli.
Però era carino.
Quasi ci spero di rivederlo.
Lo rivedo, più giù lungo lo stesso sentiero. È merito delle castagne: il suo passo è veloce, non lo avrei mai raggiunto se non si fosse fermato qui e lì a raccoglierle. Facciamo un tratto di sentiero insieme, fino ad un bivio: io devo andare a sinistra, lui a destra. Mi ritrovo a sperare che mi chieda il numero. Il che è strano: solitamente mi irritano quelli che al giro di boa delle due chiacchiere ti chiedono il numero. Però lui è carino. E buffo, come i colli-funghetti. Mi chiede un contatto, gli do Instagram invece del numero di telefono. Sai mai sia uno di quei logorroici a cui piace passare le ore al telefono. La sera racconto l’incontro ad un’amica e lei mi chiede: “Ma lo vuoi rivedere?”
“Certo”, rispondo, “non ho capito se è un genio o uno svitato. Devo scoprirlo”.
Lo rivedrò tre volte. Un tempo insufficiente per risolvere il rebus.
Sarei ipocrita se dicessi che non m’è rimasto dell’amaro in bocca. Ma per indole io lascio andare il brutto e mi tengo stretto il bello. E di bello qui ce n’è parecchio: tutta la vicenda è stata divertente. Incontrarsi su un sentiero è un bel modo di incontrarsi. E anche se lui aveva tirato su delle (inutili) barriere emotive che al confronto il muro di Berlino era alto quanto un mattoncino Lego, io sono convinta che nel poco tempo trascorso insieme una goccia di affetto ce la siamo data.
Sarebbe un peccato dimenticarlo: ci vuole fortuna a incontrare un folletto.
Ritorno sui miei passi
Il 21 dicembre 2024 è un altro sabato “Aaaaaah che sollievo”. Dal giorno del trasloco è il primo sabato senza impegni già fissati e senza pulizie di fondo o altre “cose serie da fare”. E, ça va sans dire, c’è un bel sole. Via subito a camminare sui colli, con una novità importante: l’auto non è più necessaria. Ho il bus diretto per Teolo proprio sotto casa.
Questo giorno marca la realizzazione dello stile di vita che desideravo.
Scelgo di percorrere il sentiero 21 perché in parte coincide con il sentiero 2: ho voglia di tornare nei luoghi della Camminata della Liberazione e lungo il percorso ci sono vari posti adatti allo svacco. Parto in compagnia di un libro, un quaderno e tanta allegria.
Il sentiero 21 compare sulla mia cartina escursionistica e sul sito dell’ente Parco, ma non c’è segnaletica. Strano. Poco male, è un percorso facile e in zona ho abbastanza punti di riferimento per muovermi senza bisogno di consultare la cartina. Sorrido al pensiero che due anni prima non avrei saputo niente di dov’ero e come muovermi.
Concluso il sentiero ad anello mi ritrovo al punto di partenza e ho due scelte:
1. rifare la strada dell’andata e prendere il bus a Teolo;
2. riprendere il percorso, girare sul sentiero 2 e scendere fino a Villa di Teolo, prendere il bus da lì.
Scelgo la seconda opzione, e non a caso. Ad agosto avevo riprovato a percorrere il tratto iniziale della Camminata della Liberazione ma a un certo punto mi ero dovuta fermare. Non capivo proprio dove proseguiva il sentiero. Eppure ero sicura di esserci sopra, me lo confermavano la cartina, l’app… Dopo vari su e giù ho dovuto smettere perché si stava facendo buio. Sono tornata a casa frustratissima, non mi andava proprio giù di non essere riuscita a trovare un sentiero che avevo già percorso. E poi continuavo a pensare di non aver sbagliato niente. Se lo rifaccio oggi in senso contrario forse riuscirò a capire come mai ad agosto non trovavo come proseguire, penso.
Scendo giù e mi trovo proprio al punto in cui ad agosto mi ero fermata. Sembra molto diverso ma io sento che è lo stesso. E allora perché ad agosto non capivo come proseguiva il sentiero? Mi guardo intorno e faccio la scoperta dell’acqua calda. Ovvio: le stagioni. Ad agosto ero sul sentiero, proprio come pensavo, ma la vegetazione lo copriva. Ora che è tutto spoglio il tracciato è molto chiaro. A questo punto so benissimo dove sono: qualche passo più in giù e il sentiero sbuca su una stradina bianca. Uscita dal sentiero mi aspetto di girare la testa verso destra e trovare un segnavia che indica il sentiero da cui provengo. Proseguendo in discesa lungo la stradina bianca arrivo a Villa.
Esco, vedo il segnavia. Il tempo di un sorriso e mi incammino di nuovo. Il passo è quello sicuro di chi prende la via di casa.
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