“Belgrado! Chi era costui?”

L’anno scorso ho visitato Belgrado e mi è piaciuta moltissimo. È una meta ancora poco conosciuta, anzi direi quasi mai considerata, e a torto! è una città interessante, bella, divertente. Quest’anno un mio lettore che ho avuto il piacere di incontrare durante una sua vacanza qui a Dublino è stato a Belgrado e gli ho chiesto se gli andava di scrivere un post per far conoscere questa città che entrambi abbiamo amato molto. Ecco il racconto del suo viaggio.

Approfitto dello spazio, gentilmente concessomi su questo blog, per condividere alcuni momenti della breve vacanza trascorsa a Belgrado: magari mi aiuteranno anche a capire perché non parli nessuno di questa destinazione. Prima di partire mi era capitato di discuterne con una titolare (non dipendente, titolare!) di un’agenzia viaggi: dopo avermi guardato con aria un po’ perplessa, leggermente arrossendo mi chiede: “…Germania?”. Non mi stupirebbe se, invece, conoscesse anche il codice fiscale degli abitanti di un civico scelto a caso della Rambla di Barcellona. La forza delle mode…

Torniamo al viaggio.
Scelgo di soggiornare in un periodo a cavallo di Ferragosto per potermi anche aggregare alle diverse centinaia di migliaia di persone che ogni anno, in quel breve frangente di qualche giorno, partecipano al festival internazionale della birra. L’evento (ad ingresso gratuito) sembra la risposta balcanica a Woodstock: fiumi di persone (prevalentemente di età compresa tra i quindici ed i quarant’anni), tantissime birre (la più diffusa, la Jelen, sarebbe da sconsigliare a chi non ha certezze granitiche a proposito della fedeltà del proprio coniuge, visto che il nome del marchio, tradotto dal serbo, significa “cervo”…), gruppi rock e folk che si susseguono quasi ininterrottamente fino all’alba (il mio preferito è stato Hladno Pivo [tradotto: “Birra Fresca”, nomen omen…], una punk band tra le più famose in Croazia), con un livello di decibel tale da trasmettere al terreno vibrazioni degne della scala Richter.

Belgrado Beer Fest , foto di Dino Galliera

Vedendo tutta quella gente all’Ušće Park (sede del festival, raggiungibile facilmente attraversando il ponte Brankov, in direzione Novi Beograd) viene istintivo pensare che il centro (Knez Mihailova, Trg Republike, Terazije) sia deserto. Nulla di più falso: moltissime persone (di età media di quaranta-cinquant’anni: d’altra parte, anche matematica e statistica hanno le loro leggi inviolabili…) passeggiano lungo il viale principale, fino al più grosso parco della città, il Kalemegdan, all’interno del quale è liberamente accessibile la fortezza storica, da cui è anche possibile vedere la confluenza tra i fiumi Sava e Danubio.

Eviterei di parlare delle mete tipicamente turistiche, quali il tempio di San Sava, il quartiere bohémien Skadarlija, il museo dedicato allo scienziato Nikola Tesla, il Palazzo Reale, ecc. perché alcune non mi hanno entusiasmato ed altre le ho volutamente evitate.

Una cosa atipica che è possibile fare, volendo impegnare un’oretta del proprio tempo, è visitare gratuitamente la Banca Nazionale Serba: è anche un modo per saperne di più sul periodo di iperinflazione che i serbi hanno vissuto sulla propria pelle negli anni novanta dopo l’embargo deciso dall’Onu, come misura per disincentivare le guerre interne d’indipendenza. Si possono pure vedere i denari emessi in quel periodo: da cinquanta, cento, cinquecento…miliardi (!) di vecchi dinari. Al visitatore un po’ egocentrico che lo richieda viene gratuitamente stampata una banconota (fronte-retro ed in filigrana) con la propria effige, con la cifra 1884 (anno di fondazione della banca) e soprattutto… con la piccola dicitura di banconota non avente corso legale!

Dal numero di volte in cui prima ho citato la parola “gratuitamente”, si poteva già intuire l’economicità della vita in questa città: bisogna naturalmente tener presente che, in Serbia, lo stipendio mensile medio è al di sotto dei cinquantamila dinari (meno di cinquecento euro) ed i prezzi ne tengono ovviamente conto.

Belgrado Zemun Sava e Danubio, foto di Dino Galliera

Prima di terminare il mio brevissimo racconto di viaggio, vorrei dare alcuni consigli a chi decidesse, in futuro, di farci un salto:

– è abbastanza sconsigliato utilizzare i taxi. Come in molte altre parti del mondo, pare che i tassisti approfittino degli ignari turisti per chiedere cifre senza senso (tipo una ventina di euro per andare dall’aeroporto al centro città). E’ abbastanza comodo, invece, utilizzare l’autobus (GSP, numero 72: ne passa uno circa ogni mezz’ora) ed in meno di un’ora si va dall’aeroporto Nikola Tesla al centro città (Piazza Zeleni Venac). Il biglietto si acquista sull’autobus (150 dinari, cioè poco più di un euro). A chi fosse abituato a sfidare le leggi della (in)civiltà e della statistica, ricordo che i controlli dei biglietti sono frequentissimi…

– le varie diciture sono prevalentemente in cirillico (i caratteri latini sono pure adottati, ma secondari): prima di partire potrebbe essere utile investire cinque minuti del proprio tempo per studiare la traslitterazione dai caratteri cirillici a quelli latini: in questo modo si potrà intuire il significato di molte scritte che si incontrano per la strada;

– preparatevi psicologicamente a trascorrere alcuni giorni senza vedere nemmeno un cinese. So che per molti sarà difficile, soprattutto per chi è abituato, in Italia, a fare colazione in bar…

– riguardo la pubblica sicurezza, posso dire che il centro è molto ben presidiato dalla polizia e, personalmente, non ho assistito al minimo cenno di disordine;

– per gli amanti della carne alla griglia, soprattutto quella leggermente affumicata, è un piccolo paradiso terrestre. Ai vegani sembrerà, invece, di leggere la scritta: “lasciate qui ogni speranza voi ch’entrate”…(un attimo, che mi sto travestendo da Virgilio…); a loro dico di non temere, purché non siano allergici alla cipolla, che ho trovato in ogni contorno, anche quando chiedevo espressamente di non metterla;

– eviterei, se possibile, i ristoranti: nelle osterie (che loro chiamano “kafana”) si mangia bene e si spendono cifre quasi irrisorie;

– consiglio di convertire la valuta direttamente in loco (ad esempio, all’aeroporto Nikola Tesla): il margine applicato al tasso di cambio è molto più contenuto di quello che ho potuto notare in Italia;

– chi adora le zanzare rimarrà estasiato da un simile soggiorno estivo, sulle rive del Sava. Agli altri consiglio caldamente di munirsi di qualche repellente di comprovata efficacia;

– non potevo congedarmi dai consigli di una destinazione così elettrizzante senza fare un accenno alle prese di corrente: sono come quelle italiane, con lo stesso voltaggio.

Dino

Belgrado Bulevar Kralja Alexandra

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